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Il territorio

Ultima modifica 15 marzo 2021

L'insediamento antico di SERRA LA CITTA'

Ad attirare l'attenzione degli archeologi moderni sulla collina che i rivellesi chiamano da sempre " La Città ", e che già vari autori del Sette-Ottocento avevano citato come luogo di ritrovamento di materiali antichi, fu Paola Zancani Montuoro, nel 1949.
Partendo da un passo di Plinio, nel quale lo storico menzionava tra le popolazioni della Lucania interna i Sirini, la studiosa osservava che il toponimo Sirino ricorreva all'area circostante Rivello (applicato al massiccio montuoso e ad un piccolo lago), e - dopo una ricognizione che l'aveva portata anche sulla collina della Serra — vi individuava le tracce di un insediamento antico. Proponeva perciò di attribuire una serie di monete arcaiche con l'immagine del toro retrospiciente, anziché alla colonia greca dì Siris, a due centri indigeni, Sirinos e Pixus (da localizzare rispettivamente presso Rivello ed a Policastro Bussentino), legati in un'alleanza politico-economica sotto l'egida di Sibari, come indicato dal tipo monetale.
Le proposte della Zancani hanno suscitato lunghe discussioni, non del tutto terminate: ma - per quanto non si possa affermare inequivocabilmente che l'abitato sulla Serra si chiamasse Sirinos - i dati archeologici forniti dalla ricerca di scavo (che è iniziata in modo sistematico a partire dal 1980, e prosegue tuttora), tendono a convalidare le ipotesi della studiosa. L'insediamento esiste infatti già nella seconda metà del VI secolo a. C., ed in seguito (tra il V e il IV secolo) assume anche una forma organizzata, dotandosi tra l'altro di una fortificazione che cinge la sommità della collina; è scoperta recentissima che la vita continui anche per tutto il III secolo a. C., quando ormai la Lucania è entrata nell'orbita di Roma.
La collina presenta una forma allungata ed articolata in dossi, e si protende verso la valle in cui scorre il fiume Noce; il suo asse longitudinale è costituito da una strada che ricalca in buona parte un percorso antico, ricollegandosi sia con la viabilità di fondovalle sia con il tracciato a monte che in età romana si chiamerà via Popilia.
La parte centrale e più alta della Serra assume la fisionomia di un'acropoli fortificata, con abitazioni disposte su terrazzamenti naturali o artificiali; della cinta muraria, spessa poco meno di due metri, è stato messo in luce il tratto che difendeva le pendici occidentali, affacciate sulla valle del Noce. Della struttura sopravvive la parte di base, in blocchetti di pietra locale non squadrata; l'alzato era probabilmente in mattoni di argilla cruda, protetti da tegoloni in terracotta.
Alcune costruzioni individuate nella parte sud della collina sono, alla luce delle ricerche più recenti, da interpretare come un insediamento artigianale, dedito alla produzione di ceramica ed oggetti vari in terracotta, e separato dall'abitato per tenere lontani i fumi delle fornaci.
Al di fuori dell'abitato erano naturalmente anche le necropoli, poste sia a Nord che a Sud, dove il rituale usato per il seppellimento e i materiali dei corredi funerari segnalano la presenza originaria di indigeni (i cosiddetti "enotri"), ai quali si uniscono progressivamente i Lucani.
Oltre alla Serra, sono da ricordare due altri siti importanti per l'archeologia del territorio rivellese: Colla e Pignataro. Il primo, ai piedi della collina, ospitava un piccolo santuario dedicato ad una divinità femminile, mentre nel secondo, a Sovereto, si esercitava nuovamente un'intensa attività artigianale, con una produzione simile a quella del nucleo già menzionato, ma su scala assai più vasta.

La mostra archeologica nel complesso di S. Antonio
L' esposizione permanente dal titolo "Greci e indigeni tra Noce e Lao" vuole illustrare come, a partire dall'età arcaica, si siano impostati e sviluppati nel Lagonegrese i rapporti commerciali e culturali tra i Greci (intesi in senso proprio, oppure come abitanti delle colonie greche sulla costa) e quello indigeno stanziato nelle aree interne della Basilicata sud-occidentale.
L'esposizione si articola in tre parti: nella prima, su basi esclusivamente documentarie, viene illustrato l'assetto antico del Lagonegrese nelle varie epoche; nella seconda, attraverso una selezione dei molti reperti rinvenuti (soprattutto in territorio di Rivello), si traccia un quadro della conca del Noce tra VI e III secolo a. C., mentre nella terza sono presentate le evidenze archeologiche restituite dal non meno importante bacino del Mercure-Lao nel medesimo periodo storico. La sala 1 ospita in primo luogo i reperti provenienti da Serra la Città , divisi tra materiali di abitato e corredi sepolcrali, cui si affiancano i preziosi monili da una tomba ritrovata presso Lauria; seguono una selezione di materiali prodotti a Pignataro ed altri corredi di tombe del territorio. La sala 2 è interamente dedicata ai molti doni votivi offerti al santuario di Colla: ceramiche, statuine in terracotta, gioielli, monete, e persino oggetti di uso domestico. Nella sala 3 troviamo invece oggetti provenienti da scavi, sia di abitato che di tombe, eseguiti nella conca di Castelluccio, e soprattutto nei rispettivi territori comunali, che ne confermano l'importanza avuta nell'antichità, soprattutto per i legami con la colonizzazione achea.
“ Tutti questi tesori di grande valore artistico-monumentale, unitamente all'attrattiva urbanistica del centro storico medioevale e dalle risorse Archeologiche, fanno di Rivello un vero e proprio Centro d'Arte che come tale intende qualificarsi nel contesto territoriale turistico della Valle del Noce e del Golfo di Policastro”. (da uno scritto del prof. Renato Dattoli pubblicato nel libro “Nel Golfo di Policastro c'è …” a cura di Enzo Capitolino).


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